Milli mála - 01.01.2011, Blaðsíða 137
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senza curarsi se essi siano verificati o meno dalla realtà e dall’espe-
rienza diretta. Sono questi filosofi e soprattutto i loro seguaci, come
lo stesso avversario di Galileo – fedelissimo del principio d’autorità
– ad essere paragonati ai cavalli frisoni, ma non – giova ripeterlo –
per la lentezza dei loro ragionamenti, bensì per il numero ancora
molto, troppo elevato di tali filosofi e per il loro irrealistico e anti-
quato metodo di ragionare (“poca più stima farei dell’attestazioni di
molti che di quella di pochi, essendo sicuro che il numero di quelli
che nelle cose difficili discorron bene, è minore assai che di quei che
discorron male.”82). Mentre il cavallo barbero, con la sua corsa, è
metafora per coloro che invece adottano un nuovo, moderno metodo
di ragionamento, quello deduttivo, che non ha nulla a che vedere,
per Galileo, con la rapidità, bensì con la verità, ovvero con l’eviden-
za provata dai fatti, dalla sperimentazione. Lo stile stesso di Galileo
è piuttosto uno splendido esempio di precisione ed eleganza, come
lo definì Leopardi83, non certo di agilità, né tantomeno di rapidità,
come pensa Calvino. Questo è piuttosto evidente soprattutto nelle
pagine del Saggiatore. Né la rapidità sembra essere una qualità par-
ticolarmente apprezzata dallo stesso scienziato pisano, il quale,
sempre nel Saggiatore, più di una volta ironizza sulle procedure sbri-
gative dell’avversario Grassi/Sarsi quando superficialmente si fida e
crede ai propri sensi, mentre Galileo mette in risalto la necessità
della ripetizione continua (e quindi della paziente lentezza) degli
esperimenti. A questo proposito, è celebre la metafora della bertuc-
cia, che ingannata dal senso della vista, rincorre a lungo la propria
immagine allo specchio, credendo si tratti di un’altra scimmia,
prima di rendersi conto della realtà: “Io confesso di non aver la
facoltà distintiva tanto perfetta, ma d’esser come quella scimia che
crede fermamente veder nello specchio un’altra bertuccia, né prima
conosce il suo errore che quattro o sei volte [il corsivo è mio] non sia
corsa dietro allo specchio per prenderla: tanto se la rappresenta quel
simulacro vivo e vero.”84
82 Galileo Galilei, Il Saggiatore (1623), Milano: Feltrinelli Editore, Universale Economica, 2008, p.
247.
83 Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri, Milano: Mondadori, 1994 [prima edizione, 1937], p.
477.
84 Galileo Galilei, Il Saggiatore, p. 119.
STEFANO ROSATTI