Milli mála - 2015, Qupperneq 334
STUDIO SU CLEMENTE REBORA
Milli mála 7/2015
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za da Bandini è la sinestesia, “rivisitata” in chiave originale soprattutto
quando il poeta la adotta utilizzando verbi o sintagmi predicativi, co-
me in “Lontanissimo arpeggia il tramontare” (XV, 2), “il piano / scon-
fina melodioso” (II, 2-3).
L’accostamento astratto-concreto è ritenuto giustamente punto fis-
so dei Frammenti lirici; così anche l’applicazione analogica di enti che
pertengono non solo a sfere sensoriali diverse (sinestesie), ma anche a
sfere semantiche o nozionali diverse. Tuttavia, a nostro avviso, questi
procedimenti sono a loro volta derivazioni di un altro procedimento,
un procedimento primigenio che costituisce il vero nucleo creativo dei
Frammenti lirici: sotto il travestimento, per così dire, di sinestesie, a-
nalogie, ossimori originalissimi, costrutti lessicali e frasali non ortodos-
si,20 la figura retorica davvero onnipresente nella prima opera del poe-
ta milanese, quella che comprende sotto il suo ampio mantello tutte le
altre, è la personificazione. E dato che questa figura è davvero perva-
siva dell’opera, è strano che, fra i critici vagliati dall’autore del presen-
te scritto, nessuno ne parli. Eppure, ciò che gli studiosi hanno chiama-
to di volta in volta “onomatopea psicologica” (Contini 1974: 7), “in-
quietudine metafisica” (Getto 1956: 4), “panicità religiosa” (Pasolini
1999: 1116), “trama di corrispondenze prima concettuali che fantasti-
che” (Bàrberi Squarotti 1960: 198), “incandescente unità di spirito e
cose, paesaggio e idee” (Bandini 1966: 7), “magma rutilante di imma-
gini” (Guglielminetti 1968: 32), “realtà unitaria, dove la materia è indi-
stinguibile dallo spirito” (Fortini 1995: 13), “linguaggio franto e scheg-
giato [...] franco d’ogni nesso inessenziale” (Tesio 2008: 144) – e che,
in una parola, la critica è unanimemente concorde nel definire come
l’“espressionismo”21 dei Frammenti lirici – altro non è se non una con-
tinua, costante, inesauribile energia personificante che percorre,
dall’inizio alla fine, tutta l’opera prima di Rebora. A un’analisi che in
questa sede, per motivi di spazio, non è possibile presentare per inte-
20 Si è accennato alle coppie di aggettivi che racchiudono il sostantivo, ma si pensi,
ad esempio, anche ai verbi intransitivi trasformati da Rebora in transitivi-causativi
(Bandini 1966: 16), come in “piomba il turbine e scorrazza / ... / campi e ville”
(III, 5-7); “il corso che pullula luci” (XII, 41); “non qui dove uno sdraia / passi
d’argilla (XXI, 8-9) e così via.
21 Il primo critico in assoluto a coniare il termine “espressionismo”, in riferimento
alla poesia di Rebora, sembrerebbe essere stato Claudio Varese, in una sua re-
censione del 1949 (Grandesso 2005: 51 e 51n.).