Milli mála - 01.01.2012, Page 229
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STEFANO ROSATTI
Moravia), affermava che la vera causa di tutto stava proprio nella
diffusione delle comunicazioni di massa:
Sono loro a diffondere dei modelli di comportamento internazionali
comuni a tutte le civiltà industriali. È logico che in Italia questo processo
assuma anche come punto di riferimento le zone industrialmente più
importanti. Ma non per questo bisogna scavalcare interamente una fase.
Oggi, la televisione, la radio, il cinema e i giornali forniscono modelli ed
esempi di fronte ai quali tutte le altre fonti sono irrilevanti. Anzi, l’italia-
no popolare, in televisione, compare solo ormai a titolo di macchietta, con
ruoli comici. Il dialetto ha solo una funzione ridicola, perché il vero mo-
dello di comportamento è l’annunciatore o il presentatore dei ‘caroselli’
che parla un italiano medio, privo il più possibile di inflessioni popolare-
sche e dialettali, ridotto e mutilato. (Barbato 1971: 125)14
Moravia, nella stessa intervista, sosteneva che
Se Pasolini dicesse che si sta rafforzando la lingua media, avrebbe ragione.
Ma non è la tecnologia: sono i giornali, la radio, la televisione […] Mi
sembra assurdo dire che gli industriali del nord hanno oggi da noi la
stessa funzione che ebbero l’Enciclopedia in Francia o De Foe in
Inghilterra […] I dialetti stanno scomparendo sotto i colpi della televisio-
ne e della radio, che portano una lingua scialba in ogni più remoto paesi-
no. (Barbato 1971: 125)
Andrea Barbato, il giornalista e redattore di questa sorta di doppia
intervista, nell’introduzione ad essa riconosce all’articolo di Pasolini
il fatto di aver agito un po’ come una pietra gettata in uno stagno,
quindi di aver smosso le acque di una questione, quella linguistica,
che effettivamente aveva bisogno quantomeno di una revisione; ma
poi conferma che le idee dello stesso Pasolini sono sotto accusa e
che, anzi, “in uno dei suoi rari momenti di unanimità, l’ambiente
letterario le ha respinte” (Barbato 1971: 122), e se pure questo
“re spingimento” è avvenuto con motivazioni spesso contrastanti, la
conclusione di Barbato è che “tutti sono d’accordo nel negare che è
assurdo pensare che il gergo degli industriali, dei banchieri, dei
14 Eco tornerà a discutere di mezzi di comunicazione di massa in molte delle sue opere successive, ma
già se ne era occupato in Diario minimo (Milano: Mondadori, 1963), opera in cui comparve il suo
celebre saggio “La fenomenologia di Mike Bongiorno” (1961).
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