Milli mála - 01.01.2012, Blaðsíða 231
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STEFANO ROSATTI
– anche provocatoriamente – inaugurare un dibattito su nuove que-
stioni relative alla lingua, o di trascinare amici e avversari in tale
dibattito, spesso loro malgrado). Lo stesso Parlangéli, tra le altre
cose, non è pienamente convinto, ad esempio, del sillogismo, pre-
sente appunto in “Nuove questioni linguistiche”, secondo cui
Pasolini afferma che sulla “copertura linguistica di una realtà fram-
mentaria e quindi non nazionale, si proietta la normatività della
lingua scrit ta – usata a scuola e a livello della cultura – nata come
lingua lette raria, e dunque artificiale, e dunque pseudo-nazionale”
(Pasolini 1999a: 1246). Secondo Parlangéli “la catena di lingua
letteraria – artificiale – pseudo nazionale zoppica (o cade addirittu-
ra) nel nesso tra maggiore e minore” (Parlangéli 1971: 23). E tutta-
via, Parlangéli, che esplicitamente dichiara di non voler discutere
tutti gli argo menti e le conclusioni di Pasolini, si dice ben felice che
“le acque della storia della lingua italiana siano state un po’ strapaz-
zate, ché esse sono troppo spesso inamidate a specchio da criptolali-
ci Narcisi o rigidamente irreggimentate da onnipotenti padreterni”
(Parlangéli 1971: 23) e dichiara che “Pasolini […] sia o no un
agente provoca tore, riesca o no a dimostrare i suoi teoremi, ha avuto
il merito d’aver proposto (in maniera paradossale) i termini nuovi di
una ‘questione’ vecchia.” (Parlangéli 1971: 23–24). Un altro lingui-
sta di professione, Giulio Lepschy, è fortemente critico sull’uso della
terminologia tecnica della linguistica fatta da non specialisti, tra cui
anche Pasolini.16 Però Lepschy, come già Parlangéli, rende a
Pasolini l’onore delle armi per quanto concerne la “serietà dell’im-
pegno «passionale e ideologico»” (Lepschy 1971: 448).17
Ma una delle parti più interessanti di questo acceso dibattito è
proprio il riferimento dei linguisti al tanto criticato (da parte di
molti non linguisti, come si è visto più sopra) italiano tecnologico
presupposto da Pasolini.
Dante Isella sostiene che la lingua di un paese è sempre il risul-
16 Per la precisione, Lepschy, in questa sua critica a Pasolini si riferiva al saggio di quest’ultimo dal
titolo “Appunti en poète per una linguistica marxista” (1965).
17 Si noti che G.C. Lepschy, in questo stesso articolo, mentre riconosce a Pasolini serietà e impegno,
è durissimo nei confronti di alcuni saggi di “linguistica” di Alberto Arbasino, uno degli autori,
secondo Lepschy, che “quando scrivono di linguistica lo fanno, per usare un’espressione cara ad
Arbasino stesso, da «mezze calzette»” (Lepschy 1971: 448). Sempre secondo Lepschy, inoltre, è
meglio che a volte Arbasino non riveli le sue fonti “perché dove cita apertamente fa dire alle sue
fonti delle sciocchezze che non compaiono affatto nei testi originali” (Lepschy 1971: 449).
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