Milli mála - 01.01.2012, Page 233
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STEFANO ROSATTI
sapere parlare italiano, cioè sapere parlare soltanto dialetto, è anda-
to diven tando un contrassegno tipico delle popolazioni contadine
del Sud” (De Mauro 1986: 100).
Maria Corti, in riferimento al fenomeno della penetrazione della
lingua negli strati inferiori della popolazione (fenomeno del tutto
nuovo nella secolare realtà linguistica classista dell’Italia), individua
spinte dall’alto e dal basso e afferma:
nei piani alti prende spicco un indirizzo culturale tecnico-scientifico, il
cui apporto linguistico ha luogo attraverso la pluralità dei linguaggi te-
cnici con le loro rispettabili appendici gergali […] sul piano verticale,
l’a nalisi del vocabolario comune rivela una proiezione dei linguaggi tecnico-
scientifi ci a livello di conversazioni tranviarie o di bar di periferia, proiezione
che oggi è divenuto consueto in alcuni settori della critica denominare
lingua o linguaggio tecnologico, con accezione del tutto specifica del vo-
cabolo ‘tecnologico’ […] Il parlante accoglie volentieri il termine tecnico
per il suo insito potere evocativo di un linguaggio più preciso e concreto,
più razionalizzante di quello usuale. (Corti 1971: 321–322)18
Così, se eminenti linguisti (De Mauro) e filologi e storici della let-
teratura (Maria Corti), parlano l’uno di italiano standard a base
eminentemente settentrionale e l’altra di apporti e proiezioni di
linguaggi tecnico-scientifici su una larga fascia “medio-bassa” della
popolazione italiana, non appare più così assurdo – come sosteneva-
no Barbato e molti autori colleghi di Pasolini (ved. paragrafo 4) –
pensare che il gergo dei professionisti e dei tecnici del ‘triangolo’
avrebbe anche potuto imporsi.
6. Conclusioni
6.1
Certo, la Corti sembra smentire Pasolini quando afferma che la
te cnicizzazione della lingua non potrà mai realizzarsi in modo asso-
luto: la lingua usuale, infatti, se da una parte ingloba e usa termini
dal significato fisso e univoco (i termini, appunto, “tecnici”),
dall’altra ha la capacità di mediare e decodificare quei termini,
18 Il corsivo è mio.
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