Milli mála - 01.01.2012, Qupperneq 237
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STEFANO ROSATTI
tando Federico Doglio, a tutt’oggi, in generale, “manca un’opera di
cultura che esamini il fenomeno [televisivo] nell’ambito della vita
italiana, alla luce della cultura in atto, nei riflessi sociali-politici-
culturali che esso ha prodotto e stimolato” (Ferrarotti 2005: 40). Le
affermazioni di Doglio, uno dei primi studiosi italiani a occuparsi
di sociologia del mezzo televisivo, sono del 1961, ma secondo
Ferrarotti, ancora oggi, è difficile negargli l’assenso (Ferrarotti
2005: 40).
6.3
Nel corso del dibattito sulla lingua, tra le altre cose, si obiettò a
Pasolini che i neocapitalisti italiani avessero ben poco a che fare con
la cultura (Segre 1971: 438). Tuttavia si è già visto, citando De
Mauro,24 come il contributo dell’industrializzazione (e quindi dei
“neocapitalisti”) all’evoluzione delle forme linguistiche usate nella
Penisola, nei primi anni sessanta del Novecento, non si esaurissero
nel semplice contributo ad un’italianizzazione del lessico, ma andas-
sero a intaccare le strutture stesse della tradizione linguistica italia-
na. È ovvio che De Mauro non dimostra (né era sua intenzione farlo)
che le elites industriali del Nord hanno unificato linguisticamente
l’Italia, ma a favore di Pasolini ci sono forse elementi sufficienti per
riconoscere, anche fra i suoi più ostinati oppositori, che se nel 1966
poteva essere facile obiettare che con la cultura i neocapitalisti ita-
liani avevano ben poco a che fare, una certa influenza sulla lingua
italiana il mondo industriale (del Nord), infine, la ebbe.25
24 Ved. paragrafo 4.
25 O quantomeno tentò di averla in seguito. Qui il discorso correrebbe il rischio di sfociare in derive
politiche e sociologiche che esulerebbero dal tema di questo articolo, ma forse non è inutile ricor-
dare che nel 2001 il governo italiano presieduto da un ex imprenditore edile milanese divenuto pro-
prietario di un vasto impero mediatico, aveva tentato di imporre dall’alto una vera e propria
politica linguistica, attraverso un Disegno di Legge – emanato, appunto, nel 2001 ma mai entrato
in vigore – che avrebbe dovuto istituire un Consiglio superiore della lingua italiana (CSLI), con il
compito di sovrintendere – avvalendosi di comitati scientifici, quindi di specialisti – alla tutela,
promozione e diffusione della lingua italiana in Italia e nel mondo. Idealmente, un ottimo intento,
senonché il CSLI avrebbe dovuto ricadere totalmente sotto l’egida governativa ed essere presiedu-
to dal Presidente del Consiglio stesso (Silvio Berlusconi a capo del maggior ente preposto alla
diffusione della lingua italiana!), da due Ministri (Ministro dell’istruzione, università e ricerca e
Ministro per i beni e le attività culturali), e inoltre da un segretario e da vari comitati scientifici
anch’essi nominati dal Presidente. Il testo integrale del suddetto Disegno di Legge si può leggere
sul sito http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlpres&leg=14&id=57558.
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