Milli mála - 26.04.2009, Side 294
trapposte alle “macrolingue” di Giovanni Freddi2 – e derivati:
“micro lingue settoriali”, “microlingue scientifico-professionali”).3
Se volessimo accennare – seguendo anche quanto scritto sull’ar-
gomento da Gotti e altri studiosi4 – alle caratteristiche principali
di questi linguaggi specialistici, potremmo ricordare il loro definir-
si a partire da esigenze di comunicazione nell’ambito di un settore
professionale determinato (o di un settore di conoscenze specifico)
e l’essere usati da gruppi di parlanti più ristretti di numero rispet-
to alla totalità dei parlanti.
Nel perseguire i propri scopi, i LgSP producono testi con un
grado di difficoltà che, seppur variabile, può sempre costituire un
ostacolo alla comprensione (soprattutto da parte di studenti di
“L2”5). Le cause di questa difficoltà possono essere rintracciate in
più direzioni: nell’alto livello di formalizzazione di alcuni di questi
testi di LgSP, nell’uso di una terminologia spesso difficile
(forestierismi, arcaismi, ecc.), nella comparsa di fenomeni come le
nominalizzazioni e le “spersonalizzazioni” (che possono rendere
particolarmente problematica la leggibilità).
Va comunque precisato che in certi contesti specialistici le
somiglianze tra le lingue aumentano. Tra lingue vicine per “tipolo-
gia culturale” può accadere che l’ambito specialistico, tecnico, pre-
senti dei livelli di corrispondenza linguistica (per esempio a livello
di lessico) molto più alto che in ambiti meno tecnici. Proponiamo,
L’INSEGNAMENTO INTEGRATO DELL’ITALIANO …
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2 Si veda per esempio Giovanni Freddi, Didattica delle lingue moderne, Bergamo: Minerva italica,
1981 (ed edizioni successive) e Giovanni Freddi, Psicolinguistica, sociolinguistica, glottodidattica,
Torino: Utet, 1999.
3 Spiegazioni sui vantaggi dell’utilizzo del termine “linguaggio specialistico” – che traduce l’e-
spressione anglo-sassone Language for Special Purposes – si trovano, per esempio in Pierre Lerat,
Les langues spécialisées, Paris: Presses Universitaires de France, 1995. Occorre ricordare che alcune
osservazioni fatte sulle lingue speciali sono state condotte usando per esse le denominazioni di
“linguaggi settoriali”, “sotto codici” o “tecnoletti” (termine, quest’ultimo, di origine sociolin-
guistica, oggi caduto in disuso).
4 Per una definizione completa del concetto di linguaggio specialistico, vedasi tra gli altri
Michele Cortelazzo, Lingue speciali. La dimensione verticale, Padova: Unipress, 1990, Maurizio
Gotti, I linguaggi specialistici, Firenze: La Nuova Italia, 1991, Alberto A. Sobrero, “Lingue spe-
ciali”, in Alberto A. Sobrero (a cura di), Introduzione all’italiano contemporaneo. La variazione e gli
usi, Roma-Bari: Laterza, pp. 237–277, Anna Ciliberti, L’insegnamento linguistico per scopi speciali,
Bologna: Zanichelli, 1981, Paolo Balboni, Tecniche didattiche per l’educazione linguistica. Italiano,
lingue straniere, lingue classiche, Torino: Utet, 1998, Anna Ciliberti, Manuale di glottodidattica. Per
una cultura dell’insegnamento linguistico, Firenze: La Nuova Italia, 2006.
5 Sigla qui usata come abbreviazione di “lingua due (lingua seconda + lingua straniera)”. Per la
“lingua straniera” si usa “LS”.
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