Milli mála - 26.04.2009, Side 298
per esempio i documenti legati al Quadro comune europeo di riferimen-
to per le lingue, abbreviato in QCER11).
Il CLIL è un metodo basato sull’“uso veicolare della lingua
straniera” (abbreviato in “lingua veicolare”)12, ovvero sull’uso
(equilibrato13) della LS nell’apprendimento di varie discipline
(diverse dalla LS). Nei corsi con modalità CLIL si “promuove” la
lingua attraverso l’uso. In questo contesto il ruolo della lingua non
è più quindi metalinguistico ma è “strumentale”, “veicolare” per
l’acquisizione di contenuti non linguistici.
Si tratta di un approccio innovativo, assolutamente interdisci-
plinare, flessibile, aperto (alla diversità di metodo di insegnamen-
to, per esempio), ben adattabile ad un’ampia varietà di contesti,
esigenze e bisogni, sia della classe che dell’insegnante. Tra i punti
di forza di questo metodo possiamo infatti citare: la centralità del
discente; l’alto livello di esposizione alla lingua straniera (fattore
importantissimo soprattutto fuori dall’area di lingua italiana);
l’aumento delle motivazioni all’apprendimento (la didattica
costruita in funzione degli interessi di lingua e cultura italiana dei
discenti); l’importanza data alle conoscenze extralinguistiche; lo
spostamento dell’enfasi dalla forma linguistica ai contenuti che
essa veicola; l’applicabilità a vari gradi; il carattere spiccatamente
interculturale, adatto a favorire il plurilinguismo e il pluricultu -
ralismo14 in classe.
Questo metodo è stato sperimentato ormai da decenni nell’in-
segnamento integrato dell’italiano LS e del LgSP della storia con
ottimi risultati.
Qui di seguito vengono riportate alcune riflessioni che nascono
dall’esperienza maturata da chi scrive in vari anni di attività come
responsabile del corso denominato “Storia italiana” proposto come
L’INSEGNAMENTO INTEGRATO DELL’ITALIANO …
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11 Consiglio d’Europa, Quadro comune europeo di riferimento per le lingue. Apprendimento, insegnamento,
valutazione, Firenze: La Nuova Italia – Oxford, 2002. Vedi anche Carmel Mary Coonan, La lin-
gua straniera veicolare, Torino: Utet, 2002.
12 Questa forma, per esempio, è stata adottata dal MPI nell’ambito dell’elaborazione della riforma
scolastica di Berlinguer e De Mauro (Paolo Balboni, Le sfide di Babele, p. 197).
13 Cioè l’apprendimento della L2 e quello della disciplina hanno la stessa importanza, anche se
aggiustamenti e riequilibri sono sempre possibili.
14 Sul tema delle competenze “pluriculturali” si veda anche il QCER (Consiglio d’Europa, Quadro
comune europeo di riferimento per le lingue, pp. 163 e segg.).
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