Milli mála - 05.07.2016, Síða 341
STEFANO ROSATTI
Milli mála 7/2015
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5. Conclusione.
Con questo breve studio, si sono toccati solo alcuni elementi generali
della poesia di Clemente Rebora. I punti da sviluppare attraverso ulte-
riori ricerche in quest’ambito sono, in primo luogo, un’analisi specifica
delle forme di personificazione, soprattutto quelle dei Frammenti liri-
ci, di cui qui si è citata solo una minima parte, e quasi solo verso per
verso, tralasciando di legare l’analisi delle forme a quella dei contenuti
e del ritmo. In quei tanti componimenti dell’opera che riportano figure
della personificazione nell’arco dell’intero loro sviluppo, e che quindi
presentano tali figure come assai ricche e complesse, un’analisi ulte-
riore è certamente auspicabile e fa già parte dei progetti di ricerca
dell’autore del presente scritto. Altro campo di indagine da approfon-
dire, già individuato da Marchione, è quello delle influenze che la po-
esia di Rebora ha esercitato, sia sulla poesia coeva sia su quella andata
sviluppandosi nel periodo tra le due guerre e anche oltre.32
approva, disapprova, / con lenta riprova / la vicenda del vento” (Rebora 1999:
279, vv. 1-4); “Perché il creato ascenda in Cristo al Padre / ... / tutto quaggiù
converge al Padre Santo” (ibid.: 280, vv. 1 e 3); “discorde sputa amaro il mondo”
(ibid.: 281, v. 5); “Fatalità tremenda del mangiare / che grava addosso all’anima
che vola!” (ibid.: 283, vv. 1-2); “ciel brumoso tutto prono a terra” (ibid.: 284);
“l’ansito del mar fa coro immenso” (ibid.: 285, v. 12); “fuori la cosa cresce, e rie-
sce” (ibid.: 291, v. 9); “Terribile ritornare a questo mondo / quando già tutte le
fibre / erano tese / a transitare! / ... / Tutto va senza pensiero: l’abisso invoca
l’abisso” (ibid.: 293, vv. 1-4 e 8-9); “Vibra nel vento con tutte le sue foglie / il
pioppo severo: / ... / dal tronco in rami per fronde si esprime / tutte al ciel tese
con raccolte cime” (ibid.: 297: vv. 1-2 e 5-6); “Ogni momento / del semplice ve-
getale / fa dir di sì il vento, / fa dir di no il vento: / cessato il suo tormento, / tut-
to ritorna senza sentimento” (ibid.: 299, vv. 1-6); “Il portentoso Duomo di Milano
/ non svetta verso il cielo, / ma ferma questo in terra in armonia” (ibid.: 300, vv.
1-3).
32 Margherita Marchione, lavorando a quella che diventerà la prima opera monogra-
fica su Rebora, entrò in contatto con intellettuali e poeti tra i più importanti del
suo tempo, ponendo loro domande su quale fosse il rapporto fra Rebora e gli
ermetici, a quale gruppo letterario Rebora appartenesse e soprattutto, appunto,
su quale fosse l’influenza esercitata da Rebora sulla letteratura contemporanea
(cfr. Marchione 1960: 235). Se su quest’ultimo punto gli intervistati dalla Marchio-
ne (i critici Giacinto Spagnoletti, Mario Costanzo, Emilio Cecchi e Luciano Ance-
schi e i poeti Carlo Betocchi e Eugenio Montale) concordarono nel sostenere che
Rebora ebbe un’influenza minima, o nulla, sulla poesia che venne dopo di lui, al-
tri importanti critici e poeti, in epoca più recente, ebbero opinioni diametralmen-
te opposte. Si vedano, per esempio, Giorgio Bàrberi Squarotti (1960: 201-202);
Pietro Spezzani (1966: 119-120), secondo il quale non pochi stilemi esistenziali
del primo Ungaretti sarebbero da ricondurre a stilemi presenti nei Frammenti li-
rici; Pier Vincenzo Mengaldo, che già nel 1966 rilevava in Rebora soluzioni lin-
guistiche anticipatrici di quelle montaliane (Mengaldo 1966: 211n. e 230n.) e che