Milli mála - 01.01.2011, Blaðsíða 129
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di Calvino (1965), che a proposito del fare letteratura allo scopo di
razionalizzare la realtà e di fondare, o scegliere, dei valori, scrive:
“Questo affermavo continuamente e con sicumera nei miei inter-
venti teorici: questo venivo a significare – in messaggi molto più
guardinghi, pieni di riserve e di interrogativi – nei miei racconti
(dove non si possono dire cose alla leggera come negli articoli o nei saggi50,
ma dove tutto, appunto perché più sfumato, è più preciso).”51
È qui che Calvino rivela (più o meno consapevolmente, ma non
è questo che qui interessa) la sua inclinazione di narratore tout court
e, per contro, il motivo del suo essersi sempre sentito inadeguato
alla riflessione teorica: è il racconto, la fiction, che, paradossalmente
(ma non troppo, se si pensa alla costante ricerca di razionalità, anche
in termini di simmetrie e proporzioni strutturali e stilistiche, del
Calvino narratore), per Calvino rappresenta la precisione, il modo di
rendere pubblici se stesso e le proprie idee; anche per questo, come
egli stesso afferma più volte, la scrittura narrativa è fatica e sudore52,
perché tutto deve essere molto meditato e preso seriamente, non alla
leggera, seppur “sfumato” da tutto ciò che, in narrativa, fa da corol-
lario al “messaggio”53. Ed è nel mondo della creatività narrativa che
Calvino si muove nello stesso modo in cui uno studioso si muove (o
dovrebbe muoversi) nel mondo della saggistica, dello scritto specia-
listico. La propensione ad interrogarsi, l’attitudine alla meditazione
e alla precisione, in Calvino, pertengono più al racconto/romanzo
che al saggio ed effettivamente sono tra i motivi che hanno fatto del
Calvino narratore uno dei più ammirati scrittori europei del secon-
do dopoguerra. Tuttavia, Calvino contrappone alla qualità di verità
e precisione della propria narrativa la qualità di presupposta “legge-
rezza” della propria saggistica. Se da un lato ciò può essere spiegato
dal fatto che Calvino non ha mai dovuto veramente cimentarsi (a
parte per la tesi di laurea) in scritti e saggi accademici, che richie-
dono, quelli sì, principalmente, precisione (precisione che Calvino
50 Il corsivo è mio.
51 Italo Calvino, Una pietra sopra, p. 139.
52 Italo Calvino, Eremita a Parigi, pp. 22, 196, 208.
53 In altre parole, Calvino è “scrittore per tutti” perché nella sua narrativa, al di là della varietà stili-
stica e tematica che la caratterizza, e al di là della fabula e dell’intreccio, ovvero della “trama”, è
sempre possibile, anche per il lettore più ingenuo o sprovveduto, cogliere una sorta di lezione di
carattere universale, proprio come avviene per le favole o per le parabole evangeliche.
STEFANO ROSATTI