Milli mála - 01.01.2011, Blaðsíða 139
139
Eugenio Montale”89. Tra Le Metamorfosi di Ovidio e La Bufera di
Montale corrono duemila anni e dal loro raffronto è obiettivamente
difficile che scaturisca qualcosa di nuovo o di arricchente per le
prime o per la seconda. E dato che l’autore, di fatto, non spiega le
ragioni dell’accostamento di Ovidio e Montale, ciò che in questo
passaggio colpisce è il fatto che la retorica di Calvino, più che “di-
mostrare”, cerchi di essere persuasiva. Se, citando Asor Rosa, davve-
ro Calvino usa i testi in funzione dimostrativa, pare che qui l’espres-
sione “quel che posso fare”, voglia far passare l’idea che, dopo esser-
si imbevuti di suggestioni ovidiane, l’unica cosa che rimane da fare sia
dedicarsi a Montale. È un po’ come dire al lettore: “ora che hai letto
Ovidio, per trovare (o provare) qualcosa di simile devi leggere
Montale”. Ma nel passaggio sopra citato colpisce anche una certa
idea irrazionalista rispetto all’approccio alla lettura. Si tratta della
stessa idea di cui in questo articolo ho già accennato a proposito
dell’atteggiamento di Calvino verso i classici, con il consiglio che
egli dà al lettore: leggerli, per “lasciarli parlare”90, “senza inter-
mediari”91, ovvero “scansando il più possibile bibliografia critica,
commenti, interpretazioni.”92 In questo passaggio delle Lezioni ame-
ricane (di quattro anni successivo a quello dell’articolo già citato93)
l’atteggiamento rimane invariato: meglio, da un testo, farsi ricopri-
re dal “carico di suggestioni”, piuttosto che utilizzare adeguati
procedimenti di chiarificazione. Insomma, c’è il rischio che chiarez-
za e comprensione, ovvero “commenti e interpretazioni”, adombri-
no la purezza dell’esperienza estetica. In definitiva, l’idea di ciò che
un buon lettore dovrebbe fare sembra essere quella, per usare le
parole di Giunta, di “appunto «avvicinare» i testi gli uni agli altri
e aspettare che grondino le «suggestioni». Meglio se si tratta di
testi che appartengono a epoche molto distanti, in modo che l’eser-
cizio consenta il virtuosismo.”94
89 Italo Calvino, Lezioni americane, p. 8.
90 Italo Calvino, Perché leggere i classici, in Perché leggere i classici, p. 39.
91 Ibid, p. 39.
92 Ibid, p. 39.
93 Si tratta dell’articolo “Italiani, vi esorto ai classici”, in L’Espresso, 28 giugno 1981, pp. 58–68, poi
inserito in Italo Calvino, Perché leggere i classici, p. 39.
94 Claudio Giunta, Le «Lezioni americane» di Calvino, p. 653.
STEFANO ROSATTI