Milli mála - 01.01.2011, Blaðsíða 146
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Calvino uno status che soprattutto sotto il profilo teorico giustifichi
il mettere assieme, il connettere praticamente qualsiasi testo di
qualsiasi tradizione, “autori che, se esaminati con altra chiave, non
rivelerebbero nulla di comune.”114 Questa sorta di comparativismo
selvaggio, sotto la spinta delle Lezioni e sotto l’egida del post-
modernismo, si è cominciato a proporla anche nei dipartimenti di
studi umanistici115. Quell’“altra chiave”, che è poi la chiave che si è
sempre usata, e che necessita di competenza (storica, esegetica,
filologica), derivante da tempo dedicato allo studio e all’applicazione
agli autori e ai testi, oggi sembra si possa anche non usare più.
Questa sì, è una “colpa” che si può lecitamente far ricadere sul
Calvino delle Lezioni americane. Ma è una colpa secondaria, per così
dire preterintenzionale. Quella più grave (premeditazione o
negligenza, delle due l’una) sta nel tessuto (un certo ambiente
accademico), che non solo ha visto nelle Lezioni la presenza di un
“metodo” e ha permesso a quel metodo di attecchire, ma lo ha anche
assunto come modello. Fuor di metafora, le Lezioni di Calvino vanno
bene nel momento in cui, come afferma Giunta, “le competenze
specifiche relative alla storia, alla filosofia, alla filologia, alle lingue
classiche declinano (nel momento in cui, per esempio, nei
dipartimenti di Classics si varano curricula che non prevedono lo
studio del greco e del latino), mentre non declina e anzi cresce il
numero delle persone che aspirano a una formazione culturale di
alto livello”116. Allora, “la comparazione a maglie larghe – che
talvolta può essere un’opzione interessante – diventa l’unica opzione
possibile: non c’è altro da fare, perché non si è in grado di fare
altro.”117
114 Alberto Asor Rosa, «Lezioni americane» di Italo Calvino, p. 37.
115 Vedere l’appendice 2 di questo articolo.
116 Claudio Giunta, Le «Lezioni americane» di Calvino, p. 666.
117 Ibid, p. 666.
UNO STUDIO CRITICO SULLE LEZIONI AMERICANE DI CALVINO