Milli mála - 01.01.2011, Blaðsíða 123
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Posso dire che per me, e per altri che lo conobbero e lo frequentarono,
l’insegnamento di Torino ha coinciso in larga parte con l’insegnamento di
Pavese. La mia vita torinese porta tutta il suo segno; ogni pagina che
scrivevo era lui il primo a leggerla; un mestiere fu lui a darmelo immet-
tendomi in quella attività editoriale per cui Torino è oggi ancora un
centro culturale d’importanza più che nazionale; fu lui, infine, che m’in-
segnò a vedere la sua città, a gustarne le sottili bellezze, passeggiando per
i corsi e le colline.34
Di fatto, Pavese e gli altri intellettuali che gravitano attorno alla
Einaudi, ad esempio Elio Vittorini (1908–1966) e poi lo stesso
Giulio Einaudi (1912–1999), il filosofo cattolico Felice Balbo
(1913–1964) sono i veri formatori dello scrittore, come egli stesso
conferma: “L’ambiente della casa editrice torinese, caratterizzato
dalla preponderanza degli storici e dei filosofi sui letterati e gli
scrittori, e dalla continua discussione tra diversi sostenitori di diver-
se tendenze politiche e ideologiche, fu fondamentale per la forma-
zione del giovane Calvino”.35 Quelli che vanno dal 1945 al 1950
sono gli anni che coincidono con un momento importante nella
storia dell’Italia post-fascista. Il dibattito sull’autonomia dell’arte e
sull’impegno dell’artista, cruciale in quel periodo, lascerà tracce per
così dire indelebili in Calvino (“così prese forma quel mondo poeti-
co dal quale bene o male non mi sono più discostato di molto.”36),
sia nel Calvino narratore sia nel Calvino teorico:
Almeno due cose in cui ho creduto lungo il mio cammino e continuo a
credere, vorrei segnare qui. Una è la passione per una cultura globale, il ri-
fiuto della incomunicabilità specialistica per tener viva un’immagine di
cultura come un tutto unitario, di cui fa parte ogni aspetto del conoscere e
del fare, e in cui i vari discorsi d’ogni specifica ricerca e produzione fanno
parte di quel discorso generale che è la storia degli uomini, quale dobbiamo
riuscire a padroneggiare e sviluppare in senso finalmente umano. […]
Un’altra mia passione è quella per una lotta politica e per una cultura (e
letteratura) come formazione di una nuova classe dirigente.37
34 Italo Calvino, Eremita a Parigi, p. 12.
35 Ibid, p. 134.
36 Ibid, p. 22.
37 Ibid, pp. 127–128.
STEFANO ROSATTI